Oggi lo chiamerebbero cold case. Capace di fare notizia a quasi un secolo di distanza, per la storia in sè ma soprattutto per dove avvenne… Ma andiamo con ordine.
Dante è
non solo il padre della letteratura italiana, ma anche uno specialista della
rappresentazione geografica realistica dei luoghi. A spiegarlo è stato Paolo
Borsa -docente all’Université de Fribourg (Svizzera)- nell’incontro “Dante
e le arti figurative”, tenuto il 23 gennaio alla Biblioteca Palatina.
L’evento è inserito nel calendario di “Parma per Dante”, progetto organizzato
dal Dusic dell’Università di Parma in occasione del settimo centenario della
morte dell’autore.
Il genio dantesco fa infatti immaginare perfettamente al lettore gli ambienti descritti
Lo Stivale in una videata. Chiuse e malinconicamente spente le aule di via D’Azeglio, con i Paolotti sentinelle ora inutili, i banchi del Laboratorio si riaccendono quasi per magìa, una dopo l’altra come le luci di un albero di Natale fuori stagione, sullo schermo del pc.
Lo hanno chiesto loro, i “miei” studenti di Parmasofia. Ed ora ecco tutte e tutti lì, in una schermata che racchiude il Paese dal Veneto alla Sicilia, passando per Parma: chi è recluso qui e chi a casa propria, siamo tutti prigionieri in tempo di pace. Leggi tutto “La tecnologia e le emozioni”
Piccola storia di una cravatta senza senso (o forse l’aveva…), di una dozzina di studenti, di un gruppo di docenti non meno smarriti di loro, di videotecnologie e della voglia di ripartire. A distanza ma insieme, aspettando il ritorno agli amati Paolotti. 🙂 Leggi l’articolo
Viaggio sulle tracce di un capolavoro e di mille altre preziose perle di Sapere. Questa storia, anche se va indietro di qualche mese, è un po’ l’essenza di quello che può e vuole essere il nostro Parmasofia.
Mi hanno “costretto” a lavorare anche di domenica. E mi sono sentito orgoglioso di loro.
I nostri studenti, le ragazze e i ragazzi di Giornalismo e Cultura editoriale, hanno avuto in queste ore un comprensibile sbandamento, come del resto è capitato a tutti noi. Chi aveva deciso di tornare, chi lo ha fatto a poche ore dalla proclamazione della chiusura, chi ha cercato di resistere… Hanno affidato ai social i loro dubbi e il loro smarrimento, con post che – in modo assolutamente non scontato – raccontavano anche del loro legame sincero e affettuoso con Parma e con l’Università dove stanno cercando di mettere a fuoco e plasmare i loro sogni e progetti di vita.
Allora, agganciandoci anche a un discorso già iniziato in aula e poi nel Laboratorio Parmasofia, è iniziato un progetto di racconto, singolo e comune insieme, di questi giorni strani ed incerti. Dalla Sardegna alla Sicilia al Veneto, passando per chi è oppure era ancora a Parma, sono arrivati tanti squarci di vita fra Nord e Sud, con la nostra città perno di tante vite in viaggio continuo.
Tante istantanee in movimento, da cui è già nato un diario a 30 mani (letteralmente, e contando anche quelle del prof): una narrazione collettiva che continuerà e che sarà l’essenza di una nuova iniziativa web all’interno di questa nostra Parmasofia. Un dialogo a distanza che ci fa sentire tutti vicini all’Università, nell’attesa che aule e chiostro dei Paolotti tornino a popolarsi di voci e di sogni.
Immortalare, far rivivere, rendere eterno un attimo, un’emozione, fermare il tempo e scrutarne i meccanismi: questo è lo scopo del cinema raccontato nella mostra Time Machine. Vedere e sperimentare il tempo.
Il vuoto, il silenzio, l’impotenza delle aule, dei corridoi, del chiostro dove nessuno è lì a gustarsi l’azzurro sopra i Paolotti. Ma è soprattutto nel mondo virtuale che si misurano la paura e lo smarrimento: è nei social, dove sono quasi sparite le faccine, i sorrisi, le battute, magari anche le vostre (scusate e passatemi il termine) “cazzate” che prima facevano scuotere la testa e che ora vien quasi da rimpiangere…
Che cosa accade quando si applica l’etichetta 2.0 alla Letteratura? In che modo il nuovo scenario tecnologico, che avvolge ormai la nostra intera vita quotidiana, condiziona la produzione, la fruizione e la valutazione di un’opera letteraria?
L’abitudine potrebbe essere definita come un abito, cucito in maniera sartoriale su ognuno di noi, di cui esistono diverse versioni che svolgono la medesima funzione: la creazione di comportamenti regolari.
L’agire di ogni uomo è governato dalla dittatura dell’abitudine e noi in fondo siamo quello che facciamo ripetutamente. Una sveglia che suona è pronta a scandire la giornata di ogni uomo e donna.
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