Mi si è ristretto il romanzo

Gabriele Balestrazzi

Che cosa accade quando si applica l’etichetta 2.0 alla Letteratura? In che modo il nuovo scenario tecnologico, che avvolge ormai la nostra intera vita quotidiana, condiziona la produzione, la fruizione e la valutazione di un’opera letteraria?


Proviamo a fare il punto approfittando della pubblicazione degli Atti di un convegno svoltosi all’Università di Parma, e in particolare vediamo qui gli spunti contenuti nell’intervento della prof. Isotta Piazza. Pare innanzitutto di capire che ormai non parliamo solo di scenari futuri o anche solo presenti, perché abbiamo già alle spalle una nutrita sequenza di scrittori e scrittrici spesso con nomi già noti e persino (a volte) popolari: da Michela Murgia a Emmanuela Carbé, per non parlare del particolarissimo caso di Roberto Saviano.

Intanto balza all’occhio la scomparsa (o almeno la possibile scomparsa) dell’editore, figura della quale è superfluo ricordare l’enorme importanza nel rapporto con Autori fra i più importanti della nostra Letteratura: si pensi già solo al rapporto fra un Treves ed un Verga. Anche nel settore dell’editoria, quindi, si fa strada la disintermediazione, che si accompagna poi ad un’altra rivoluzionaria trasformazione: quella del supporto di lettura, con il passaggio dalla carta al digitale.
Dal layout alla misura dello schermo, dai tempi (a volte ridottissimi) di pubblicazione alla possibilità di interazione immediata: è quasi inutile sottolineare quanto ognuno di questi fattori innovi e trasformi le modalità della lettura, che diviene ora molto più frammentata, rapida, distratta e quindi inevitabilmente superficiale. Le dimensioni dei display, già nei tablet e ancor più in quella nostra appendice che sono ormai divenuti gli smartphone, “reclamano” testi molto brevi: non solo più brevi della forma del romanzo nato e sviluppato sulla carta, ma anche rispetto a novelle e racconti, così come li abbiamo conosciuti per decenni nell’era ancora completamente cartacea.
Pensate allo sforzo richiesto dai 140 iniziali caratteri di Twitter: una sintesi che ha originato perfino una particolare forma di “Twitteratura”. Un caso limite? Certo, ma è inevitabile che il formarsi di una nuova e diffusa abitudine alla lettura attraverso le ore dedicate ai social più diffusi o appunto ai tweet (pensate all’uso massiccio che ne fa un leader mondiale come il presidente Usa Trump) finisca per condizionare tutti i nostri momenti di lettura.

Poi interviene il cosiddetto “tempo reale”: se nel giornalismo avvicina e quasi sovrappone il momento dei fatti e gli articoli che ne danno conto, in termini letterari infrange il meccanismo narrativo della finzione e condiziona l’atto creativo. Non solo: all’hic et nunc della scrittura (una performance sempre più correlata allo spazio/tempo della vita reale dell’autore), si abbina la possibilità di una immediata e in passato inedita interazione del lettore, attraverso i commenti che spesso vengono restituiti – altra novità – in senso cronologico inverso, a partire dal più recente. Commenti che quindi diventano pratica pubblica e che potrebbero condizionare gli sviluppi del testo.
Qui dunque iniziano le domande più vere: l’autore che risponde a un commento quanto ne sarà condizionato? I lettori “rischiano” di diventare co-produttori di un testo? Specie nei testi che nascono come blog – spiega la prof. Piazza – si determina “una insistita presenza del narratario, la cui funzione non si limita a quella di destinatario del racconto, bensì invade anche lo statuto della voce narrante…”. Un testo che nasce da una serie di post su Facebook potrà ad esempio colpire per “una brusca alternanza di registri stilistici” , come nel caso di Oceano Padano di Mirko Volpi, pur se è vero che il successivo approdo al cartaceo porta spesso stabilizzazioni del testo, anche solo attraverso l’eliminazione di orpelli tipicamente social quali le emoticon.
La cronologia inversa dei post (che si presentano al lettore appunto dal più recente) modifica inevitabilmente la nuova forma del diario personale, che online è spesso nella veste di blog. Il Mio salmone domestico della Carbè è invece un diverso esempio di forma de-strutturata e senza successione cronologica.
In definitiva, siamo già in grado di soppesare che cosa sta nascendo da tutti questi nuovi fenomeni? Forse una letteratura dissacratoria? Oppure, pur nella nuova genesi, le opere letterarie (che alla fine vengono spesso comunque lette su carta) tenderanno ad una ricomposizione che si inseriscano nella lunga storia di testi “attraverso cui noi tentiamo, per approssimazioni e sviluppi a singhiozzo, di capire e narrare il nostro quotidiano”.

Per saperne di più, leggi:
Isotta Piazza: Lo spazio mediale del web e la nascita di una letteratura “granulare”, in Spazio mediale e morfologia della narrazione , a cura di Sara Martin e Isotta Piazza (Franco Cesati editore, Firenze 2019)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *