Contro il fenomeno populista uno spazio possibile per le idee: a lezione con Walter Privitera

Sofia D’Arrigo

Immaginiamo due roditori e un solo pezzo di formaggio: inevitabilmente l’uno rodendo, toglierà all’altro. Così la sfera pubblica e il populismo, in quello che si delinea come contrasto aperto nell’attuale scenario sociale e politico.

Walter Privitera, docente di sociologia generale presso l’Università di Milano Bicocca, nel 2017 ha pubblicato la monografia The Public Sphere and the populist challenge (Mimesis International) ed è considerato, sul tema della sfera pubblica, uno dei maggiori sociologi a livello non solo italiano. È stato ospite privilegiato dell’Università di Parma, lo scorso 23 ottobre, per tenere una lezione aperta sul tema della sfera pubblica dal titolo “La sfera pubblica e la sfida populista” su invito della docente di sociologia prof.ssa Laura Gherardi, che ha  specificato come l’opinione pubblica non si riduca allo studio di dati demoscopici, ma vada studiata approfondendo la nozione di dialogo nella sfera pubblica.

Ma cosa si intende esattamente con Sfera Pubblica?

Si inserisce appieno così, la lezione del prof. Privitera che suggerisce in primo luogo un contesto storico entro il quale si è potuto generare il concetto di sfera pubblica.

L’uditorio viene presto calato in un vero e proprio flashback: Privitera parla di scadimento della vita politica in Europa, di erosione dello schema marxista secondo cui in un momento di crisi le classi non privilegiate dovrebbero sollevarsi, ma non accade. Sembra, ma non è il 2019, piuttosto il 1924: gli intellettuali sono costretti ad allontanarsi dagli ambienti di influenza, molti perché ebrei, il proletariato non esprime più critica sociale, anzi spesso si schiera dalla parte del nemico: manca quello che Marx aveva definito il “fattore S” (soggetto rivoluzionario).

Sarà Habermas a riprendere negli anni del secondo dopoguerra tale interrogativo, con una risposta atipica; mentre gli studiosi ricercavano soggetti di un possibile mutamento sociale, sposta l’attenzione piuttosto su uno spazio, ricercando un luogo di trasformazione delle idee: la sfera pubblica. I soggetti criticidella società esigono un contesto sociale adeguato per dare voce alle loro istanze, non condizionato e autonomo. La sfera pubblica è il luogo della critica sociale e del ragionamento su temi di comune interesse . Non un gruppo ma una modalità creativa e di apprendimento.

Motivare, argomentare, ragionare insieme

Habermas suggerisce dei criteri per formulare una buona comunicazione pubblica, partendo dalla concezione che il linguaggio sia uno strumento evolutivo in quanto metacomunicativo, in grado cioè, anche di spiegare se stesso: possiamo dire qualcosa e chiedere in che senso è stato detto. Per sua natura, il linguaggio non è manipolativo, la sfera pubblica si distingue piuttosto per ricerca della legittimazione, perché ciò che si dice possa essere sostenuto.

Auctoritas, non veritas facit legem (Hobbes)

Se c’è sfera pubblica sarà la veritas a fare la legge, non la forza (autoritas). Non conta tanto la forza di chi parla ma la qualità delle cose dette. Con questo criterio, l’unico valido, si ottengono più facilmente idee orientate al bene comune; se gli standard comunicativi sono rispettati, allora avremo luoghi di discussione.

Ancora Habermas sostiene che quanto più la sfera pubblica consenta ad attori periferici di esprimersi, tanto più sarà libera e autonoma. Quanto più invece, darà voce agli stessi gruppi di interesse, tanto più sarà controllata e addomesticata.

La sfida populista

Oggi assistiamo a una frammentazione della sfera pubblica, il cui perimetro d’azione con l’ingresso prepotente dei movimento populisti viene ridisegnato. I tratti distintivi del populismo hanno come centro l’intolleranza alla discussione e la confusione costante del tutto con la parte (pars pro toto): esso prevede sempre un noi entro il quale rimanere, che sia il concetto di popolo o il movimento stesso, in cui non a caso se si dissente si viene esclusi.

 L’altro è inteso come alieno e pertanto non ha diritto a considerazione, esattamente come accadde in occasione della diffusione della notizia sulla presunta falsità della nazionalità americana del presidente Barack Obama. Se non poteva dirsi americano, non avrebbe potuto rappresentare gli americani. Quello populista è un popolo muto per definizione.

Nella controversia delineata, due – secondo Privitera- sono le vie d’uscita per contenere tale fenomeno:

  1. Habermas parlava già di via sintomatica, intendendo il movimento populista come sintomo di una crisi; in questo senso è importante che i partiti di sinistra tornino e rappresentare le istanze dei meno abbienti, perché toglierebbero così legna dal fuoco dei populisti, che fanno leva sul disagio popolare;
  2. Il coraggio civile: occorrerebbe un urlo di democrazia così forte da opporsi al degrado della sua attuale declinazione.

La riflessione ricca di spunti ha dato vita anche a un breve dibattito, in cui è emersa l’importanza dei media in questo scontro aperto tra qualità del dibattito pubblico e manipolazione dello stesso, interrotto solo dal suono di una campana, un time-out nel groviglio di pensieri che non si esaurisce, ma aggiunge sempre qualcosa , proprio come una sfera pubblica, che mercoledì era un’aula della nostra università.

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