Sognate un futuro nel Giornalismo? Allora studiate Zavoli

Gabriele Balestrazzi

Forse la notizia vi ha solo sfiorati, persa nell’atmosfera delle vacanze e collocata in un bianconero che potrebbe esservi apparso troppo lontano e datato per interessare il vostro futuro. E invece io vi dico che nè i manuali più aggiornati, nè le nostre lezioni universitarie, nè i sempre più diffusi approfondimenti multimediali sui principali siti vi daranno gli stessi preziosi insegnamenti dello studio di Sergio Zavoli, vero gigante del giornalismo italiano morto nei giorni scorsi. Perchè un 97enne

può avere qualcosa da dire ai futuri giornalisti del terzo millennio? Provo a riassumerlo in 10 punti rapidissimi:

  1. Non per sè, ma per tutti. In ogni tipo di giornalismo, ma soprattutto in quello televisivo che propone anche voce e sguardi, ci si accorge presto delle intenzioni di chi abbiamo davanti: se un narcisista spinto dal protagonista o un cronista vero, al nostro servizio.
  2. Visto da vicino, ma senza protagonismi. Come ha scritto di lui Michele Brambilla, direttore di QN, per raccontare la realtà Zavoli cercava sempre un posto di prima fila. Ma senza mai salire sul palco.
  3. L’intervista all’ex BR Bonisoli. Vale da sola anni di insegnamento: Zavoli non si vede mai, eppure chi vede quell’intervista ne capisce immediatamente il valore. Le domande sono precise, puntuali: mettono a nudo la storia che si sta raccontando, eppure questo avviene senza cadute.
  4. Il rispetto per chi si ha davanti. A un certo punto Bonisoli ha un cedimento. Zavoli potrebbe infierire, incalzarlo senza concedergli la pausa che l’intervistato chiede: del resto i terroristi non ebbero a loro volta pietà per Moro o per le altre loro vittime. Ma è proprio qui che Zavoli, fermandosi, rimarca la differenza e mostra la dignità che deve esserci in ogni rapporto umano. Una lezione che vale più di qualunque altra possibile scelta da parte di un giornalista.
  5. Elevare la cronaca a storia. Sia nella Notte della Repubblica sul terrorismo, sia nella Nascita di una dittatura sul fascismo, Zavoli ha avuto l’ambizione (realizzata) di non confinare i propri lavori in uno spazio di cronaca destinata ad appassire, ma ci ha lasciato preziosissime testimonianze, oggi irripetibili, che elevano la cronaca a storia.
  6. Il format a puntate. E’ inevitabile che i giornalisti di oggi si studino bene le modalità di fruizione, frettolosa e distratta, di chi a un articolo arriva attraverso i social, o comunque con poco tempo e poca voglia di approfondire. Ma, a maggior ragione oggi, può essere particolarmente istruttivo il format dell’inchiesta a puntate che Zavoli utilizzò su terrorismo e fascismo, perchè vi si può unire l’immediatezza di un argomento al contesto generale, per chi vorrà approfondire. Non è del tutto vero che il web imponga un giornalismo breve: il web, cone qualunque altro mezzo, impone un giornalismo di qualità ed interessante. Che è tutt’altra cosa.
  7. Il valore pedagogico dello sport. Prima di arrivare a quelle inchieste straordinarie, Zavoli ebbe una grande intuizione anche con il suo Processo alla tappa, dedicato al ciclismo e al Giro d’Italia. Attraverso le storie di campioni e gregari, Zavoli raccontò la trasformazione di un intero Paese, che da agricolo provava a diventare industriale, con una rivoluzione antropologica senza precedenti. E per farlo, ebbe il coraggio – ben prima che il Corriere della sera lo chiamasse a scrivere in prima pagina – di chiamare a parlare di sport (e di tanto altro) un intellettuale ai tempi giudicato “scandaloso” come Pier Paolo Pasolini.
  8. La chiarezza. Certamente la sua voce straordinaria lo aiutava parecchio. Ma nel racconto di Zavoli colpivano, oltre all’inimitabile timbro vocale, la pacatezza del suo parlare e il ricchissimo vocabolario, che quasi mai appariva inutilmente lezioso ma era sempre a vantaggio (e non a discapito) della comprensione del lettore o ascoltatore o spettatore.
  9. La multimedialità ante litteram. Può far sorridere parlare di multimedialità per trasmissioni di ormai 40 anni fa. Ma se guardate le sigle, le spiegazioni su chi erano i personaggi man mano citati nella Notte della Repubblica (con l’immagine dello schedario di cui si aprivano i vari cassetti), della fotografia…capirete che in ogni epoca un giornalista deve conoscere e utilizzare al meglio, magari affidandosi ad altri specialisti, le varie forme scritte, grafiche, video o informatiche del racconto giornalistico. E infatti il lavoro di Zavoli mostra ancora, perfino in bianconero, una sua perenne tensione alla modernità.
  10. La curiosità del Viaggio intorno all’uomo. E’ il titolo di uno dei suoi primi libri, ma è anche l’essenza del suo lavoro di una vita. L’uomo al centro, non solo del video o della pagina stampata, ma anche l’Uomo come fine, perchè anche una intervista, a un grande personaggio come a gente semplice, può contenere esperienze che hanno qualcosa da insegnarci per farci crescere. E se c’è la curiosità (fondamentale) spesso ci può essere anche il coraggio di osare, per arrivare là dove nessuno è ancora arrivato, come quando portò microfoni e telecamere all’interno di un monastero di clausura…

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