Italia-Germania: tempi supplementari di carta

Gabriele Balestrazzi

Non sono ancora finiti, quei tempi supplementari. E almeno noi che c’eravamo sentiamo periodicamente la necessità di rivivere quell’illusione e poi quegli incubi e poi quella gioia straripante che coinvolse ed unì davvero l’Italia. Eppure

tanto altro calcio con tante nuove gioie è passato in questo mezzo secolo, nel quale gli azzurri hanno vinto due volte la Coppa del Mondo e di nuovo se la sono giocata vanamente in finale col Brasile, questa volta cedendo solo ai rigori, senza contare le notti magiche ma illusorie di Italia ’90. Eppure la madre di tutte le partite resta quella Italia-Germania: anzi, quei 31 minuti che la resero emozionante ed unica, dal gol in extremis di Schnellinger che pareggiò quello iniziale di Boninsegna alle 5 reti che, alla media di una ogni sei minuti, punteggiarono la sequenza delle emozioni degli Extra Tiempo.

Come Italia e Germania, anche Corriere della sera e Repubblica (per la penna di Nando Dalla Chiesa e Maurizio Crosetti) si sono sfidate con i contemporanei libri-rievocazione che si sono fronteggiati nelle edicole.

Due operazioni diversamente interessanti: Dalla Chiesa ha scelto di inserire la sfida nel contesto sociale di quegli anni fra ’68, autunno caldo, piazza Fontana, conquiste civili e tensioni sociali e politiche (furono anche anni di sogni golpisti, non dimentichiamolo); Crosetti ha puntato le sue attenzioni su 21 protagonisti fra azzurri e bianchi, mescolando le loro storie ad annotazioni autobiografiche e ricordi di un’epoca ora lontana.

Operazioni interessanti, ma non sempre e completamente riuscite. Sia Dalla Chiesa che Crosetti hanno ragione nell’inserire quella partita nell’affresco del Paese e di quegli anni così intensi e contraddittori. L’uno a volte si smarrisce, nella tesi esposta fin dal primo titolino “Quando l’Italia andò all’attacco”; e l’altro a volte indulge troppo su dettagli personali o familiari non sempre memorabili. Diciamo che alla loro sfida manca l’acuto finale: manca quel gol in controtempo con cui Rivera decise divinamente la gara. Ma ad entrambi va dato atto di farci rivivere (o di far vivere a chi non c’era ancora) una notte, quella sì, davvero magica e da conservare nella storia, perlomeno in quella del calcio. E alcune pagine di entrambi sono riuscitissime: fino alla scelta di Crosetti di chiudere la sua sfilata di storie non con Rivera che firmò la vittoria, ma col povero Maier, portiere tedesco che neppure col suo piedone proteso riuscì a intercettare il beffardo destro in controtempo dell’ “abatino” (…). E nella copertina, mentre Rivera e Riva si abbracciano colorati di azzurro, lui resta immortalato nella parte in bianconero (anzi lui è tutto nero) mentre batte i pugni a terra, rabbioso e forse stupito della costanza e del genio degli avversari: di questa Italia tanto spesso inaffidabile eppure capaci di genialità e slanci ai tedeschi spesso ignoti.

4-3: la sintesi numerica della partita del secolo, dalla quale tuttora possiamo imparare tanto, sia dai vincitori che dai vinti di quella indimenticabile notte di calcio.

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