Manuale di Giornalismo? Intanto studiate le storie delle Olimpiadi

Gabriele Balestrazzi

Da mesi seguo i post dei nostri studenti, vedo il saliscendi degli stati d’animo, il racconto più o meno velato delle crisi e dei dubbi che ha lasciato in eredità questa doppia stagione contagiata e paralizzata, e a quanto pare non ancora conclusa. Leggo e mi viene voglia

di trasmettere messaggi che vadano contro questa corrente negativa. Sento che noi docenti siamo chiamati in causa dai ragazzi, anche inconsapevolmente, per offrire un salvagente o almeno qualche indicazione sulla rotta. Ma il problema è che gi inciampi dei ragazzi sono gli stessi nostri, o simili: più passa il tempo e più ci sentiamo sballottati e smarriti.

Eppure c’è comunque un futuro da progettare. Per tutti: ovviamente di orizzonte più limitato il mio, lungo come tutta la vita davanti il loro. E quindi, anche nell’anormalità che ci circonda, c’è da rispettare la normalità degli insegnamenti: capire e far capire come i futuri giornalisti e intellettuali dei vari settori (editoria e non solo) possono attrezzarsi per farsi trovare pronti all’indomani della laurea.

Torneranno i mesi delle lezioni (vedremo in quale modalità) e dei manuali. Dalle une e dagli altri cercheremo di estrarre le migliori istruzioni per l’uso che sapremo trovare. Ma questa estate particolare, pur nel perdurante caos della situazione sanitaria, qualcosa da offire lo ha: ed è tanta roba.

E’ la lezione dello Sport, spesso snobbata e vista con la puzza sotto il naso (anche negli Atenei, a volte). Eppure poche altre cose sanno offrire emozioni e lezioni con un “linguaggio” capace di entrare direttamente in noi. “Lezione” vi sembra una partola esagerata? No, non la è, e provo a dimostrarlo.

La Nazionale di calcio vittoriosa agli Europei (sembra già passato tantissimo tempo…) non ha “solo” vinto un importante torneo di calcio. E’ arrivata dove non era previsto arrivasse; c’è arrivata non con la furbizia tattica che spesso ha contraddistinto il calcio italiano e ha volte ha prodotto anche successi importanti; e soprattutto c’è arrivata con una coesione ed uno spirito di squadra che, fuori da ogni retorica del giornalismo sportivo, sarebbe bellissimo e utile poter applicare ad esempio alla vicenda vaccini e Green pass.

Ma ancor più belle e importanti sono le storie di questi giorni olimpici. Che, per una volta, sono giorni non solo di vittorie e sconfitte ma di grandi e contrapposte storie umane direttamente collegate alla stagione del Covid, proprio come le nostre piccole storie individuali di studenti, docenti, ecc. Più che dei record, infatti, queste Olimpiadi ci stanno regalando (sì: proprio di regalo si tratta, se ne faremo tesoro) grandi e imprevisti esempi di fragilità. Su tutti il caso della campionessa forse più attesa: la ginnasta USA Simone Boles che al primo inatteso errore è “crollata” scoprendo il problema dei twisties, parola che si riferisce a una sorta di blocco pericolosissimo quando ci si libra nell’aria (come le ginnaste fanno velocissime), con perdita dell’orientamento durante il volo e quindi con gravissimi rischi non solo per la riuscita dell’esercizio sportivo ma anche per la stessa incolumità dell’atleta.

Ma poi abbiamo scoperto che tanti vincitori e vinti sono dovuti passare da un sentiero stretto e impervio, per di più con il peso dell’allungamento di un anno dell’appuntamento olimpico rinviato nel 2020 per l’emergenza Covid, che peraltro è stata ed è tuttora una spada di Damocle sui Giochi di Tokyo. Molti atleti (vedi Federica Pellegrini) dal Covid sono passati anche personalmente, e forse a distanza di mesi abbiamo capito meglio il senso delle lacrime di allora di una nuotatrice definita “Divina” non solo per i grandi risultati ma anche per la fortissima personalità. Eppure le lacrime le abbiamo riviste, dopo lo “storico” risultato della quinta finale.

Il nuotatore Gregorio Paltrinieri è emerso da un nemico non meno subdolo, anche perchè si è presentato proprio nelle settimane degli allenamenti più importanti: la mononucleosi, che però “Greg” ha saputo sconfiggere così come gli avversari (meno uno). L’oro del canottaggio è venuto da due atlete a lungo divise dal lockdown, che quindi aveva rubato tanti allenamenti in comune necessari per affinare l’intesa e per sincronizzare i movimenti. Il bronzo di Oppo-Ruta ha forse trovato carburante decisivo nel non voler rivivere la delusione più cocente (la medaglia “di legno” del quarto posto) delle ultime Olimpiadi di Rio.

Abbiamo visto nella scherma tanti volti delusi, anche solo per una medaglia d’argento o di bronzo anzichè d’oro come si sperava e si pronosticava. Abbiamo visto uin ciclista (Ganna) giù dal podio per due secondi: meno di un respiro. Abbiamo visto una donna pugile arrivare alla finale partendo da quartieri complicati di Torre Annunziata, dove lo sport a volte è rifugio per dribblare altri e meno limpidf destini. Vediamo sollevare pesi da chi non troivava gloria nell’atletica leggera del salto triplo. Vediamo l’eterna diatriba su chi arriva secondo o terzo (o perfino quarto): sconfitto o comunque campione per essere arrivato ai vertici mondiali della sua specialità…?

Ecco: agli iscritti e ai futuri iscritti di Giornalismo, io dico che il vero “manuale” dell’estate sono proprio le storie delle Olimpiadi. Per come il giornalismo le racconta, ma soprattutto per quanto hanno da insegnare: la caparbietà, la necessità di dare il meglio di sè, ma anche la fragilità e l’accettazione della sconfitta magari per poi fare meglio la volta successiva. Compreso quando ci insegna un medagliere che sembra voler confermare ciò che il prof vi diceva in aula: non facciamo distinzioni o stereotipi di genere, ma nello sport come nel giornalismo il presente è soprattutto donna, con una ventata di freschezza e tenacia che farà bene anche agli uomini. Nello sport come nel giornalismo. E nell’Università.

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