Il bosco, specchio dei nostri disastri

Michela Dalla Benetta

Che rapporto esiste tra l’uomo e i boschi? Assistendo ai disastri ambientali degli ultimi tempi l’uomo è additato come causa maggiore dello squilibrio della natura. E se invece per il paesaggio boschivo non fosse così?

“I boschi sono un manufatto, essendo stati interamente modellati dall’opera dell’uomo. Il bosco è un prodotto della storia”. Esordisce così il professor Piergiovanni Genovesi, delegato del Rettore dell’Università di Parma alle iniziative culturali e di carattere storico, sottolineando l’uso dell’approccio geo-storico per comprendere le relazioni tra uomo, spazio e tempo. In questa occasione, l’analisi nasce durante la presentazione del libro “Storia del bosco – Il paesaggio forestale italiano”, di Mauro Agnoletti, ospite della rassegna “Libri di Storia – Incontri con gli autori”, promossa dall’Università di Parma con il patrocinio del Comune. L’autore del libro è docente di Storia del paesaggio e dell’ambiente all’Università di Firenze, con innumerevoli incarichi di coordinazione di progetti su paesaggio e ambiente e collaboratore presso FAI e UNESCO. Nel suo libro, l’intento è quello di analizzare il paesaggio forestale come prodotto culturale, legato all’azione dell’uomo nel corso della storia. “Un libro formato da percorsi storici e geografici insoliti”, interviene Diego Saglia, Direttore del DUSIC, proprio perché la tendenza generale è rivolta alla ricerca di una natura primigenia, dei valori naturalistici. Insieme al direttore, apre la presentazione anche Fabrizio Storti, Pro Rettore con delega per la Terza Missione, e Cristina Calidoni, responsabile di mostre ed eventi del Comune di Parma.

“È un manufatto, un prodotto della società che l’ha gestito […] è una risorsa che oggi non sappiamo più percepire così e questo ha delle conseguenze a livello paesaggistico”. Carlo Alberto Gemignani, docente di geografia dell’Università, delinea le problematiche. Il bosco non è gestito: ha perso il suo valore come risorsa economica e alimentare, la biodiversità ha dovuto cedere il posto al dissesto e si è impoverito il paesaggio culturale e storico italiano. Secondo Mauro Agnoletti, autore del libro, la globalizzazione ha influenzato anche la complessità del paesaggio perché l’uomo, staccandosi dal mondo rurale, non comprende più la necessaria integrazione tra uomo e natura, che ha portato all’estrema semplificazione del paesaggio. L’uomo da sempre ha interagito con il bosco tagliando gli alberi per sfruttare il legname o perfino bruciando parte della zona boschiva per rinnovarla, una tecnica attuata non per distruggere. Infatti, fa parte della visione comune l’idea che la natura non debba essere sfiorata: questa, già sull’orlo del collasso, non deve essere toccata ulteriormente dalla mano distruttrice dell’uomo. È un pensiero controcorrente affermare il contrario, ma ci sono dei casi come questo in cui l’uomo è necessario. Le popolazioni hanno apportato delle graduali modifiche alla crescita delle piante per poter utilizzarle, ad esempio per sfruttare il legno per le costruzioni navali, o con il giusto taglio hanno ottenuto una maggiore produzione di foglie. La stessa macchia mediterranea ha due agenti di formazione, il fuoco e il pascolo, senza i quali diventerà un bosco ad alto fusto. 

In Italia vi è una diminuzione del pascolo ed un aumento del bosco che non sfruttato, perché il legname viene comunque importato dall’estero. “Il Bosco come spina dorsale dello sviluppo storico del nostro paese” cita dal libro Davide Papotti, professore di geografia culturale dell’Università di Parma. Il bosco dovrebbe essere un orgoglio e una risorsa essenziale per l’Italia, che potrebbe avere la possibilità di proporre a livello internazionale un nuovo modello di integrazione tra uomo e natura, costatando le potenzialità del territorio. Il professor Agnoletti sostiene che la produzione agricola italiana ha cercato dei vantaggi nell’applicare un modello industriale, per esempio con gli allevamenti intensivi, mentre al contrario si dovrebbe puntare ad una maggior qualità collegata ad un idoneo uso del territorio. Unire qualità di prodotti con la qualità del paesaggio. Colpisce l’orgoglio parmense con un esempio: ha potuto costatare che in Spagna, un prosciutto della zona ricavato da maiali allevati per 2 anni sfruttando le risorse offerte dai boschi, viene venduto a 36 euro al kg; mentre il prezzo del Prosciutto di Parma è di 12 euro al kg, frutto di 6 mesi di allevamento in maniera industriale.

Dovrebbe cambiare il pensiero riguardo l’azione dell’uomo, che è vista in maniera negativa, al fine di proporre un nuovo modello di sostenibilità. Qual è il tipo di paesaggio? Come potrebbe essere la relazione uomo-natura? La professoressa Rita Messori, che si occupa delle tematiche che collegano arte, natura e paesaggio all’Università di Parma, propone il dipinto del Viandante sul mare di nebbia di Caspar David Friedrich. Nel quadro la natura è lo spettacolo e l’uomo è lo spettatore: l’interazione è ridotta alla visione, l’uomo si tiene a distanza dalla natura e perde la possibilità di una vera esperienza non immergendosi nel paesaggio. Di questo distacco ne risente la cultura, viene meno l’identità stessa del paesaggio e del bosco senza l’azione dell’uomo.

L’Italia non è sola nella ricerca di un modello di relazione. Il professor Agnoletti cita un suo articolo, dove propose in maniera problematica questa visione della natura che sta cancellando la cultura. Un argomento che ha saputo suscitare l’interesse della Cina, che ha sollevato il problema nelle assemblee internazionali. La ricerca di un modello di relazione sembra l’unica soluzione, ma è necessario rovesciare il modo di pensare: solo l’uomo ha bisogno della natura, o è essenziale anche il contrario?

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