Antologia Macchiavelli: “Mi sarebbe piaciuto incontrare un Sarti Antonio”

Massimo Carloni e Laura Chiari

Da oggi è in libreria da SEM la seconda antologia di racconti di Loriano Macchiavelli dedicati al suo personaggio principale, Sarti Antonio, sergente.

Sì, avete letto proprio bene: cognome-nome-grado (inesistente in polizia, beninteso): l’ha voluto così l’autore

nel 1974 quando è nato e così è rimasto per quasi mezzo secolo. E quando negli anni Novanta l’hanno promosso ispettore per esigenze televisive – col volto di Gianni Cavina – diciamo che Macchiavelli ha storto un bel po’ il naso.

8 indagini ritrovate per Sarti Antonio fa seguito alla fortunata raccolta 33 indagini per Sarti Antonio, uscita lo scorso anno, sempre presso SEM e sempre a cura di Massimo Carloni e Roberto Pirani. Per parlare della sua ultima creatura, dei suoi progetti futuri, ma anche del suo lavoro di scrittore – decano della letteratura gialla in Italia – lo incontriamo a distanza, come ormai l’etichetta pandemica impone.

D. Questa è la seconda antologia dei racconti con Sarti Antonio: per lei è più congeniale la misura del racconto o del romanzo? Ha ancora qualche altro scritto nel cassetto per una eventuale terza antologia?

Non ho preferenze. Mi diverto con il racconto e mi diverto con il romanzo. A volte accade che da un racconto venga poi un romanzo, ma anche viceversa. Quanto al cassetto, direi che è ancora pieno e spero proprio che ne venga fuori un terzo volume. I due primi sono, a mio giudizio, esemplari grazie ai due curatori. Mi sono accorto di aver scritto tanto, forse troppo.

D. È al lavoro per il prossimo romanzo; sarà un Sarti Antonio o una nuova collaborazione con Guccini? Può parlarcene senza naturalmente anticipare troppo della storia?

Sto per terminare un Sarti Antonio, sergente, e il mio dubbio è: come la prenderanno i miei lettori? È un Sarti Antonio anomalo che vive in una città anomala e con compagni di avventura anch’essi anomali. Per usare un titolo celebre, Io speriamo che me la cavo anche stavolta. Con Francesco abbiamo dovuto sospendere la collaborazione a causa del carognavirus. È difficile discutere di come far funzionare la scrittura a due senza incontrarsi di persona. Abbiamo provato con il telefono, poi con Skype e poi con altre diavolerie a distanza. Inutile, faticoso e dispersivo.

D. Come ha scoperto il suo talento per la scrittura?

Non credo di averlo scoperto e non so se sia giusto chiamare talento il mio piacere di scrivere. Neppure credo che lo si possa scoprire da un giorno all’altro. Ho sempre desiderato scrivere (e possibilmente) farmi leggere. Penso o mi illudo di avere qualcosa da raccontare. Qualcosa a cui altri non hanno pensato e che potrebbe loro interessare. Quando accade, alla felicità della scrittura si unisce il piacere di aver aperto uno spiraglio (niente di più) nella conoscenza di altri.

D. Che consiglio darebbe ad uno studente per intraprendere questa professione?

A questa domanda ho sempre risposto che se avessi dei consigli da dare, li darei prima di tutto a me stesso. Da qualche tempo in qua, dopo aver frequentato scuole di ogni grado, biblioteche, lettori e tutto ciò che attiene alla letteratura, la prima cosa che suggerirei all’incosciente che me lo chiedesse sarebbe leggere. Ho scoperto che la maggioranza di chi vorrebbe fare lo scrittore ha letto pochissimo e anche male.

Per me è sempre stato inconcepibile anche solo pensare di scrivere senza conoscere chi ha scritto prima di me e soprattutto cos’ha scritto e come.

Leggere per scrivere, insomma, e leggere come si deve. Altro problema che ho trovato nelle scuole: si legge male e spesso il senso di ciò che si legge si perde nei suoni che evaporano senza che resti un senso.

D. Come si scopre di avere i numeri giusti per farcela e quali sono?

Il problema per questa risposta è che si scopre solo dopo essere diventato scrittore se si hanno i numeri giusti per farcela. Anche perché, se non li hai non diventerai scrittore. Un circolo vizioso, ma è così. Lo stesso circolo vizioso per i numeri che servono. Se non li hai i numeri, non vai avanti. Sarebbe comodo che ci fossero dei metodi, cioè i numeri per farcela. L’unico numero che conosco: se lo scrivere è una fatica, non è il caso di insistere. Ho ascoltato scrittori importanti affermare che “questo romanzo mi è costato sudore e sangue”. Testuale. Be’, lascia perdere se devi soffrire. Il sudore e il sangue lo buttano i muratori sul tetto di un fabbricato in pieno luglio. E loro non possono lasciar perdere.

D. Pensa che la scrittura sia una forma d’arte che si può imparare? O è un talento innato?

Che sia una forma d’arte, non ci sono dubbi e per esercitarla si deve imparare (meglio affinare) sia il talento che l’apprendimento. Si impara tutto nella vita e se c’è predisposizione (talento) meglio. Ma credo che si possa imparare anche a essere talentuosi.

D. Quando scrive un nuovo libro ha già tutta la storia in mente o la elabora strada facendo? È meglio preparare prima una traccia da scrivere o lasciarsi trasportare dalla storia?

A questa domanda è difficile dare una risposta personale. Per l’esperienza che ho, ogni scrittore si cuce addosso il proprio modo di procedere. C’è chi prepara schede dettagliatissime sulla storia con particolari dei personaggi (nomi, età, descrizioni fisiche e caratteri) e dei luoghi. C’è chi prepara una scheda sintetica e aperta a ogni soluzione. C’è anche chi si lascia trascinare dalla fantasia e la segue, ovunque lo porti. Questi ultimi sono i veri scrittori, ma è la strada più complessa.

D. Come si fa a catturare l’attenzione del pubblico, a farlo innamorare di una storia o di un personaggio?

Se fosse semplice e se lo sapessi… Te ne accorgi dopo. Ma attenzione: io non sto ragionando di romanzi costruiti per andare incontro alle mode o ai gusti del lettore. Per questi romanzi basterebbe penderne uno di quelli che vendono diecimila copie in mezz’ora e seguire la scaletta utilizzata dal fortunato ‘scrittore’. Non serve un mio consiglio.

Io sono stato fortunato. Ho inventato un personaggio, Sarti Antonio, sergente, che è piaciuto al pubblico. E la cosa che ancora oggi mi stupisce, continua a piacere dopo oltre 45 anni di attività. Come ho fatto? Ho inventato un personaggio che mi sarebbe piaciuto incontrare e gli ho dato una storia che mi sarebbe piaciuto leggere. Facile, no?

D. Come si fa a rendere un personaggio e una storia credibili?

Qui la risposta è più difficile. Potrei ripetere quanto detto sopra per catturare l’attenzione ecc… Ma in proposito ho certe mie idee. Per esempio, cosa vuol dire “un personaggio e una storia credibili?” Ne Il maestro e Margherita niente è credibile eppure è venuto fuori un capolavoro che tutti dovrebbero leggere. È l’autore (lo Scrittore con la maiuscola) che rende credibile ciò che stiamo leggendo. Per esempio, è credibile Sarti Antonio? Io sostengo di no, tant’è che è pure sergente (grado inesistente nella nostra polizia), eppure ci sono dei lettori che lo ‘vedono’ tanto credibile da consegnarmi una confezione di miscela di caffè da regalare a Sarti Antonio “quando lo rivedrà”.

D. Come trova l’ispirazione adatta per scrivere?

Se per ispirazione intendiamo intervento divino, soprannaturale e simili, che agisce sull’uomo fornendo uno stimolo alla sua fede, alla sua fantasia creatrice, ecc. per la risposta dovrete rivolgervi a chi di competenza. Se intendete il desiderio di mettervi al computer per raccontare una storia di donne, uomini e luoghi, l’ispirazione si trova ovunque. Anche da una stilografica posata su un tavolino in una casa disabitata e pronta per essere demolita, nel centro storico di Bologna. Penso che abbiate capito che non credo alla folgorazione, all’illuminazione improvvisa. Credo nella ragione e nel pensiero.

D. Lei parte da esperienze autobiografiche o da racconti raccolti da altre persone o lascia semplicemente lavorare la fantasia?

Parto da tutto questo e da altro ancora. Ho avuto la fortuna di abitare in montagna e di ascoltare mio padre quando, a veglia nelle sere d’inverno e chiusi nelle stalle assieme alle amiche mucche, raccontava storie fantastiche e misteriose e storie di vita quotidiana. Una miscela misteriosa che ancora oggi mi porto dietro e per la quale sono riconoscente a Rigo.

D. Che sensazione si prova dopo aver scritto un libro? Come si fa a capire che il libro è “pronto”?

Gioia e sincero rilassamento se il libro è venuto come speravo. Un senso di insoddisfazione se mi rendo conto che non tutto è andato come immaginavo. Il libro è pronto quando non ho altro da aggiungervi. Un romanzo potrebbe anche non finire mai e un giorno o l’altro mi ci metterò.

D. Come si lavora ad un adattamento per il cinema o la TV? Qual è la differenza tra un romanzo ed una sceneggiatura?

Questa domanda la dovreste rivolgere ai televisionari e ai cinematografari. La mia esperienza in materia è stata drammatica. Discutere con chi pensa solo all’inquadratura mi ha demoralizzato. Mi sono accorto che hanno perduto la freschezza del pensiero e, cosa deleteria per i nostri tempi, si autocensurano. Dovrebbero smettere di pensare per immagini e tornare al meraviglioso pensiero libero. Solo in seguito, quando avessero trovato una bella storia, cominciare a guardarla con l’occhio della telecamera o della cinepresa. Più facile da dire che da mettere in pratica, lo capisco. Per questo abbiamo pessimi prodotti televisivi e cinematografici.

D. Dopo innumerevoli interviste nel corso della sua carriera, c’è qualcosa che vorrebbe dire e che non le è mai stata chiesta?

Troverete nelle mie osservazioni delle contraddizioni con altre interviste (ormai non so quante). È naturale che accada. La vita corre troppo in fretta per riuscire a seguirla con un minimo di coerenza. Fortunatamente abbiamo ancora la possibilità di cambiare idea e non farlo significa essersi fermati, per stanchezza o per assuefazione. Al momento non è il mio caso.

C’è una domanda che nessuno mi ha fatto e che, da alcuni anni a ‘sta parte, mi sono fatto e continuo a farmi io: com’è possibile che io sia in libreria da quasi cinquant’anni e che gli editori continuino a ristampare i miei libri senza che io appaia negli show televisivi o radiofonici a raccontare le mie opinioni o a far previsioni del tutto sballate e senza far parte di congreghe varie o partiti. Anzi, sono inviso alla destra e “persona sgradita” all’autonominata sinistra?

Una risposta non la tento neppure.

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