Bernardo Bertolucci: un bambino al Cinema

Il cinema come necessità, per arrivare attraverso le immagini alla poesia: la stessa ma non la medesima poesia del padre Attilio. E’ breve ma

molto stimolante il libro “Il mistero del cinema”, il libriccino che La nave di Teseo e Repubblica hanno proposto nei giorni scorsi come omaggio agli 80 anni che avrebbe compiuto Bernardo Bertolucci.

Libro molto parmigiano, perchè oltre al protagonista Parma offre cornice e occasione (la laurea honoris causa al Regio nel 2014) e la postfazione di Michele Guerra, assessore alla Cultura oltre che docente di Cinema, Fotografia e Televisione al Dusic. Ne esce un autoritratto ossimorico: la delicata sfrontatezza del regista è dipinta nelle parole della lectio doctoralis che Bernardo trasformò in una pellicola parlata offerta ai suoi concittadini e condita poi proprio da alcune immagini dai suoi film.

C’è, quasi come nel Siddharta del suo Piccolo Buddha, lo stupore bambino che guida Bernardo alla scoperta intorno a sè delle cose raccontate da papà Attilio nelle sue poesie, come la famosa rosa bianca dedicata alla moglie Ninetta. L’imprinting è fondamentale: dalla teleferica di Casarola in poi, Bernardo viaggerà alla ricerca dei luoghi, delle scene e delle luci (che poi saranno quelle del fondamentale Storaro) che raccontano e compongono storie.

Poi seguirà l’incontro con Pier Paolo Pasolini, e la necessità – fin dalla Commare secca che segue il lavoro per Accattone – di liberarsi edipicamente anche di questo secondo “padre” o fratello maggiore. Per poi avviarsi con Prima della rivoluzione in quel viaggio da Parma al mondo (ed eterno ritorno) che anche nei “kolossal” non smarrirà del tutto l’incanto primitivo del bambino che Bernardo continuerà eternamente ad essere dietro alla cinepresa. Fa sorridere, pur essendo pienamente “nostra”, l’iperbole che gli fa accostare il giallo imperiale della Cina (set del film pluriOscar) al giallo Parma. Ci sono passaggi in cui il Bertolucci più internazionale appare anche il più “provinciale”: un amore e una gratitudine sincera per le radici, più che un formalismo legato all’occasione della cerimonia di laurea.

Stupore fanciullesco, poesia respirata fin da bambino, luce e movimenti dell’obiettivo, apertura a tutto ciò che quell’obiettivo può fare scoprire e può fare raccontare: il lungo ed emozionante viaggio che ha portato quel bambino all’Oscar e alla fama planetaria senza mai perdere, come scrive nella prefazione la moglie Clare Peploe, la “meraviglia per la vita”.

(Perfino in quel breve video Scarpette rosse, che fu proiettato alla fine della cerimonia del Regio: guarda qui )

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