Bodoni e la rivoluzione tipografica “neoclassica”

Laura Martucciello

Piemontese di origini ma parmigiano di adozione, Giambattista Bodoni è per molti aspetti considerato il “principe dei tipografi”. Nato a Saluzzo da una famiglia di tipografi, ben presto si trasferisce a Roma presso la Propaganda Fide (la Stamperia Vaticana) per completare la sua formazione da apprendista e continuare quella che era

una tradizione di famiglia, in quanto anche i suoi avi avevano perfezionato la propria arte presso la stamperia papale.

A Roma, giovane e desideroso di perfezionare la sua arte, assorbe gli arbori della corrente neoclassica che sarebbe esplosa da lì a poco grazie alla presenza dei teorici Winckelmann, Mengs e Piranesi, studia la cultura classica attraverso i monumenti romani ed è parte attiva dell’ambiente intellettuale del tempo attraverso il quale entrerà in contatto con padre teatino Paolo Maria Paciaudi promotore del passaggio da Roma a Parma dove sarà direttore della “Reale Stamperia”, sotto l’egida di don Ferdinando di Borbone, nipote di re Carlo III. Nella città emiliana, dove rimarrà fino alla morte, Bodoni sviluppa le straordinarie competenze tecniche ed estetiche che coltiva sin da giovane età diventando così tipografo di punta presso la corte parmigiana ma non solo essendo richiestissimo non solo in patria ma anche all’estero avendo instaurato sodalizi professionali e personali con esponenti di spicco della cultura illuminista francese e spagnola, bibliofili del tempo, collezionisti privati.

Sotto la sua guida, la Reale Stamperia di Parma raggiunge i vertici più alti della sua esistenza producendo un numero infinito di opere, edizioni pregiatissime per i propri sovrani o per chi lo richiedesse, documenti vari per celebrare la città di Parma e i duchi, tanto da diventare la più attiva in Italia arrivando a concorrere con quella parigina dei Didot, con quella britannica dei vari Baskerville e Caslon. Ben presto tutto questo non basta al tipografo saluzzese. Proprio per il suo particolare eclettismo e per la volontà sempre perseguita di voler perfezionare il proprio lavoro, nel 1790 a Bodoni è concesso di aprire un’Officina privata e l’affine “fonderia privata” da cui poter finalmente costruire manualmente i propri caratteri, continuando quello studio approfondito a cui vi si era dedicato ampiamente durante il tirocinio romano. La Fonderia è luogo in cui Bodoni ormai passa le sue giornate lavorative producendo e fondendo di mano propria i caratteri da utilizzare per la stampa delle edizioni arrivando a comporre un numero spropositato di matrici e punzoni. Difatti, caratteristica nota dell’attività bodoniana è proprio quella di aver inglobato in sé le diverse competenze dell’arte tipografica che normalmente spetterebbero a diversi specialisti: non solo tipografo ma anche fonditore, incisore, compositore, editore e libraio.

Bodoni presiede tutte le fasi che portano alla costruzione di un testo, sin dalla fusione dei materiali “tecnici” come punzoni, matrici e lega tipografica, per concludere con il lavoro di stampa vero e proprio con il torchio tipografico. Ma qual è stata la portata rivoluzionaria della sua tipografia? Certamente il carattere. Se in una prima fase appare attratto da una tipografia di ispirazione fourniena e quindi dal gusto settecentesco caratterizzato da un attenzione dei dettagli ed ornamenti, già a partire dalla fine del secolo abbandona ogni tipologia di decorazione superflua e particolarmente ricca per far spazio a quegli ideali neoclassici che caratterizzano la sua opera: sobrietà, candore, pulizia. In altre parole, equilibrio. Non solo dal punto di vista tipografico ma l’innovazione stilistica riguarda tutte le parti di un testo in cui a regnare è l’assoluta purezza del segno ma anche il giusto rapporto tra righe e margini, fra chiari e scuri, fra parte decorativa (quando vi è) e parte testuale. Perché la giustapposizione di ogni elemento che concorre alla formazione di un libro porta inevitabilmente a quella perfezione decantata si dall’inizio della sua attività e che cercherà di raggiungere per tutta il percorso professionale. Non a caso, il lascito più prezioso dell’eredità bodoniana è proprio il terzo ed ultimo Manuale tipografico stampato postumo dalla vedova Margherita nel 1818, punto di riferimento per la stampa post bodoniana. Nell’ampia prefazione, Bodoni fornisce una serie di principi di estetica neoclassica, tra cui i canoni che dovrebbero avere i caratteri tipografici “veri artefici della bellezza”: nettezza, buon gusto, grazia, regolarità. Attraverso tali canoni, con una perizia tecnica e attenta per giungere ad una qualità estetica ma anche per maggiore leggibilità, per Bodoni è stato possibile dunque raggiungere quella concezione di assoluta perfezione che ha contraddistinto la sua figura nella storia della stampa. Sobrietà ed equilibrio che non devono venire meno perché come spesso affermava “Ma quanto più un libro è classico, tanto più sta bene che la bellezza dei caratteri vi si mostri da sola”.

Un vero visionario dunque, capace di approfittare di un’epoca di grande rivoluzione tipografica come quella tra Settecento e Ottocento per mettere a punto non solo un una nuova tipologia di carattere (ancora oggi, fra le strade di Parma non è difficile trovare caratteri d’ispirazione bodoniana) ma una diversa visione della stampa stessa, più orientata verso l’essenziale senza mai eccedere rinunciando così a qualsiasi ornamentazione giudicata esuberante ed eccessiva.

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Una rarità italiana e parmigiana: il Museo Bodoniano di Parma

Era il 17 novembre del 1963 quando fu inaugurata la prima Mostra del Museo Bodoniano di Parma per il 150° anniversario della morte di Giambattista Bodoni, il celebre tipografico che rese Parma tra le capitali della stampa di fine Settecento e per una gran parte dei primi decenni del secolo successivo. Fondato da un Comitato promotore alla fine degli anni ’50 del secolo scorso, ha ospitato nella sua breve vita una serie di mostre, convegni e inaugurazioni nel nome di Bodoni ma anche per celebrare personaggi illustri della stampa e dell’editoria contemporanea come Arnoldo Mondadori, Alberto Tallone, F. M. Ricci.

Così come il Gutenberg Museum di Magonza e il Museum Platin – Moretus di Anversa, anche il Bodoniano di Parma è nato con più scopi: custodire e conservare il vasto patrimonio tipografico – fusorio appartenuto a Giambattista Bodoni, illustrare la sua opera attraverso l’esposizione di una parte delle straordinarie edizioni stampate presso la Reale Stamperia da lui diretta e gestita a partire dal 1778 e come ultimo fine ma non per questo meno importante, promuovere studi, ricerche, convegni e seminari in onore del suo nome e per celebrare l’arte grafica e tipografica.

Si tratta di un’istituzione che, almeno in Italia, non ha eguali. E’ difatti il primo (ed unico) museo di stampa d’Italia e il terzo in Europa dopo quelli sopracitati. Ubicato attualmente all’ultimo piano della Nuova Pilotta, il Complesso monumentale situato al centro della città che consta oltre il citato Museo, la Galleria Farnese, la Biblioteca Palatina e Museo Archeologico, è considerato un fiore all’occhiello della città di Parma per la sua intrinseca peculiarità di essere oggi riorganizzato attraverso le vesti di un Museo ma che in epoca Farnese, era proprio la residenza dello stesso Bodoni e luogo in cui lavorava. E’ negli stessi spazi che attualmente sono riempiti dai cimeli bodoniani che il tipografo di origine saluzzese ha vissuto praticamente tutta la sua vita, essendo la Reale Stamperia ubicata proprio all’interno del Complesso monumentale e dove, anni dopo, farà erigere una Stamperia privata da cui usciranno le edizioni più preziose e della Getteria privata in cui manualmente produrrà ed inciderà i propri caratteri.

Ma cosa custodisce nel dettaglio il Museo? Innanzitutto la più grande raccolta di edizioni in seta e in pergamena, fogli volanti, carteggio bodoniano, alcuni saggi tipografici superstiti utilizzati dal tipografo per le “prove” e altri documenti vari appartenuti e stampati da Bodoni durante la sua permanenza a Parma, pari a circa un migliaio di edizioni delle quali sono state accuratamente scelte quelle che potessero permettere di seguire un certo criterio museologico. Ad esse vanno aggiunti alcuni fogli volanti che per la loro consistenza numerica costituiscono una sezione a parte in quanto lo stesso Bodoni vi dedicò molta attenzione nel corso dell’attività tipografica. Ma non solo. Oltre lo sterminato patrimonio documentaristico e librario, il Museo vanta anche una suppellettile tipografica – fusoria di una Stamperia settecentesca che non ha eguali: si parla, infatti, di 80.000 pezzi tra punzoni, matrici, strumenti per la fusione e incisione dei caratteri come lamine, spatole, torcoletti ed incisori, più una riproduzione fedele del torchio tipografico utilizzato dallo stampatore e sei armadi originari neoclassici all’interno dei quali Bodoni custodiva il prezioso materiale da lui prodotto. Tale immenso patrimonio di proprietà della Biblioteca Palatina essendo il Museo una fondazione senza scopo di lucro, segue un criterio cronologico e storico che sostanzialmente può essere diviso in tre vani.

Una prima introduzione intitolata “La stampa prima di Bodoni” che fotografa una paronimica della stampa che va dalla metà del Quattrocento a quella del Settecento in ottica locale, un secondo spazio, “Evoluzione dei carattere tipografico”, che racconta l’inizio del lavoro tipografico di Bodoni, prima in patria, poi a Roma e infine a Parma da cui inizia la terza ed ultima sezione in cui è concentrato il punto più alto dell’attività bodoniana, con le edizioni pregiatissime tra cui per citarne alcune l’Aminta del 1789, la pregiata l’Iliade omerica del 1808, una copia del terzo ed ultimo Manuale tipografico, stampato dalla vedova in seguito alla morte del tipografo, diverse edizioni stampate in preziosa pergamena dalle quali poter ammirare il lavoro di precisione, grazia ed armonia adoperato dallo stampatore per tutto l’arco della sua attività.

E’ quindi quasi impossibile visitare il Museo bodoniano senza percepire l’eredità di colui che ha reso possibile la sua creazione. Con il percorso cronologico che in qualche modo ha segnato l’identità culturale dell’istituzione essendo lo stesso sin dalla nascita, si assiste difatti non solo ad un processo evolutivo della storia della stampa partendo dai primi tentativi quattrocenteschi, immediatamente dopo l’invenzione dei caratteri mobili, passando dal periodo rinascimentale e barocco con notevoli manoscritti ed arrivare dunque alle edizioni bodoniane con le quali si considera raggiunto il culmine della stampa neoclassica, ma si compie anche un viaggio nella storia della città di Parma e della sua antica tradizione grafica, raccontata nelle gesta di un parmigiano di adozione che ha valorizzato in Italia e all’estero – e continua a farlo tramite la Fondazione museale – la città emiliana.

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