«Il libro delle case» di Andrea Bajani – Recensione

Un contenitore per le vostre recensioni. Da oggi Parmasofia sarà anche questo, per consentirvi di cimentarvi con articoli di giornalismo culturale, qui in particolare con la Letteratura, grazie al lavoro della prof. Isotta Piazza. Questa recensione porta la firma di

Giulia Meneghetti. E se ci seguirete sulla pagina facebook del Corso di Giornalismo e Cultura editoriale (che ovviamente comprende tutti i nostri curricula) sarete informati su tutte le iniziative e anche sulla possibilità di sfruttare Parmasofia per il vostro tirocinio. Seguiteci! Questo il link della pagina FB se non siete ancora iscritti.

…………………………….

«Il libro delle case» di Andrea Bajani è un romanzo che mette al centro ciò che solitamente nella narrazione letteraria è puro sfondo: l’ambientazione. In questo testo, edito nel 2021 da Feltrinelli nella collana «Narratori», lo spazio non è più solo il perimetro entro cui si svolge la storia, ma si fa storia stessa.

Il personaggio principale è Io, un soggetto plurale: ora bambino, poi studente universitario, giovane scrittore, marito, ma le vere protagoniste sono le case, reali o metaforiche, dove Io ha vissuto o che ha visitato.

Sono infatti descritte la Casa del sottosuolo, quella dell’infanzia trascorsa a Roma; la Casa sotto la montagna, dove Io ancora bambino si traferirà con la famiglia; la Casa di famiglia, dove vivrà con sua moglie; ma anche luoghi metaforici come la Casa dell’amicizia, la Casa del persempre, ovvero l’anello nuziale di Io e la Casa semovente di famiglia, la sua automobile da adulto.

È quindi un romanzo molto descrittivo, dalla trama semplice e quasi del tutto privo di dialoghi. La pratica letteraria di partire dalla rappresentazione di un luogo, più o meno realistico, per proseguire con la narrazione è portata avanti dall’inizio alla fine del testo in modo coerente, e ciò costituisce il suo tratto più originale.

Il libro è strutturato in 78 brevi capitoli, intitolati con il nome della casa che in essi sarà raccontata, e l’anno di riferimento. La loro disposizione non rispetta l’ordine cronologico. La frammentarietà di questa struttura ben evidenzia il progetto autoriale del testo. L’intento di Bajani infatti è mostrare non solo che Io, e quindi l’essere umano, non rimane nel tempo uguale a sé stesso, ma anche e soprattutto come sia difficile cogliere, per poi raccontare, ciò che davvero siamo quando diciamo: “Io”. I vari capitoli infatti si presentano al lettore come sparsi racconti di determinati tratti della personalità di Io, in particolari situazioni e dinamiche relazionali della sua vita, come fossero degli scorci.

Il lettore cerca di unire i puntini di questa identità frammentata dallo scorrere del tempo, e di ricostruire l’esistenza del protagonista e la sua natura, accostando le diverse tessere di un puzzle che l’autore a poco a poco gli svela. Ma questo si rivelerà incompleto e raffigurante un’immagine indefinita. In un primo momento ciò può lasciare il lettore spaesato e insoddisfatto, ma l’intento di Bajani è proprio quello di sottolineare la continua mutevolezza dell’animo umano, che non può essere raccontato nella sua interezza. In ogni casa, reale o metaforica, Io lascia una parte di sé, in un irrefrenabile processo di cambiamento che è la vita stessa.

Non è una scelta casuale quindi che gli altri personaggi assumano il loro nome a seconda del ruolo che ricoprono nella vita di Io: Madre, Nonna, Moglie, Sorella. Questi nomi-etichette evidenziano una sorta di spersonalizzazione, di assenza di caratterizzazione definita, in linea con l’intero progetto autoriale.

Una presenza costante all’interno del romanzo, in chiara antitesi con il protagonista e la tematica del cambiamento, è la figura di Tartaruga. Questo è l’animale con cui Io gioca nella sua casa d’infanzia, ma è anche la creatura che associa al Colosseo, per la sua forma caratteristica, oppure l’aspetto di un paio di scarpe. La tartaruga ha la particolarità di essere essa stessa la sua casa, una sorta di monolocale. Il carapace infatti la segue in ogni suo spostamento, rendendola quindi rappresentativa di una totale coincidenza tra ciò che è e lo spazio nel quale si muove.

Poco convincenti invece, mi sembrano i capitoli riguardanti l’assassinio di Aldo Moro e di Pierpaolo Pasolini: nel testo figurano rispettivamente come Prigioniero e Poeta, ma è facile coglie di chi l’autore sta raccontando. I capitoli estrapolati singolarmente sono ben costruiti, ma poco si inseriscono nella vicenda del protagonista e quindi nel romanzo in sé. Questi eventi storici sono presentati come ricordi immagazzinati da Io nella prima infanzia, in linea con una tematica ricorrente del testo: l’importanza della memoria e dell’atto di ricordare. Questi capitoli però si accostano agli altri forzatamente e con troppa ripetitività.

Elemento di pregio del testo è invece la grande cura per la scrittura, che in molti passaggi potremmo definire poetica, densa di metafore e immagini evocative ben costruite, che non risultano affatto stucchevoli o eccessivamente artificiose: Il sole colpisce in un abbaglio i mosaici del loro carapace, l’antichità remota delle loro case. / La punteggiatura è servita per fissare la struttura: hanno usato le virgole come chiodi per appenderci dei quadri

In conclusione, l’assenza di una trama avvincente e di personaggi ben caratterizzati potrebbero deludere un lettore di romanzi non abituato a testi più sperimentali, ma è proprio la buona riuscita del singolare progetto autoriale di Bajani, insieme alla sua straordinaria scrittura, che rendono «Il libro delle case»senz’altromeritevole di trovar posto nella nostra libreria.

Giulia Meneghetti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *