L’attualità di Emilio Lussu attraverso una straordinaria “non-intervista”

Poliedrico, appassionato, rigoroso, innovativo, orgogliosamente legato alla sua terra ma anche protagonista della lotta per la Libertà a livello internazionale.

Più si allontana da noi la sua stagione (morì nel 1975) e più si può comprendere l’importanza, e ancora l’attualità, della vicenda e della lezione di Emilio Lussu.  Militare di valore, parlamentare, scrittore: un gigante nella Storia italiana di almeno sei decenni, ma allo stesso tempo una delle figure di cui la frettolosa e volatile memoria del Paese sembra essersi un poco dimenticata, fatta salva ovviamente la preziosa opera di studiosi ed associazioni che di Lussu mantengono vivo ed alto il ricordo.

Ed è passato anche da Parma, a inizio estate 2019, un percorso di approfondimento che si avvale anche di uno straordinario documento che potremmo definire, pur con le cautele che vedremo fra poco, “giornalistico”. Un incontro organizzato da Circolo Culturale “Grazia Deledda”, Istituto Ernesto de Martino e “Dalla parte del torto” (in collaborazione con gli Amici del Maria Luigia che è il luogo che ha ospitato l’iniziativa), con l’apporto importante di Martina Giuffrè, docente di Antropologia Culturale del Dusic dell’Università di Parma.

Il documento di cui si parlava, e intorno al quale sono ruotati sia l’incontro di Parma che un approfondito numero della rivista “Il de Martino” potrebbe essere presentato come una “non-intervista”.  O meglio, è la registrazione integrale del colloquio con Lussu di Gianni Bosio, storico e giornalista a sua volta impegnato a lungo in politica: ed è facile capire come questa testimonianza audio di mezzo secolo fa possa interessare ad un tempo gli storici, i giornalisti stessi (Bosio la dovette considerare come una intervista non riuscita, ma oggi possiamo dire che non fu così) e soprattutto gli antropologi.

La dinamica della chiacchierata fra i due, i toni di voce che raccontano la passione di Lussu e finiscono per fargli guidare il colloquio, gli interventi di sua moglie Joyce sono sì elementi che forse mutano la “scaletta” che Bosio doveva avere in mente, anche per il suo lavoro di ricerca di canti e tradizioni della Sardegna e di altre zone che portava avanti in quegli anni. Ma come ha sottolineato la prof. Giuffrè, la possibilità di accedere anche all’audio originale propone, accanto a rumori di sottofondo che possiamo definire urbani, soprattutto la grande potenza evocativa della voce di Lussu.

Per chi ascolta, anche solo da profano, è suggestivo immergersi con la voce di Lussu nel suo mondo di Sardità, nel quale lui fa convivere e sovrapporre barbarie e civiltà: una visione ambivalente del passato della Sardegna che trovò poi per Lussu una fusione nella storia della Brigata Sassari. Quasi che la vecchia psicologia contadina e dei pastori avesse lì trovato uno sbocco di grande dignità ed una nuova espressione della “valentìa” sarda.

C’è nel documento anche una lezione di metodo, laddove Lussu rimbrotta Bosio perché “ mi avresti potuto fare domande interessanti”…; ci sono fraintendimenti; ci sono gli interventi e a volte le mediazioni di Joyce… E alla fine di questo affascinante viaggio orale, si capisce la riflessione di Vittorio Foa riportata da Clemente: “Anche quando il suo discorso sembrava echeggiare toni e ritmi guerrieri e feudali, o persino tribali, comunque sempre legati alla storia e ai costumi precapitalistici della sua terra, l’immaginazione di Emilio Lussu era una forza moderna, era il rifiuto dei canoni banali e sterili delle istituzioni burocratiche della democrazia borghese, era l’invito a non separare la politica come tecnica dalla poesia come ricerca e creazione di nuovi modi di lavoro e di vivere”.

Ne nasce una riflessione originale, ma anche affascinante, sulla democrazia. L’imprevedibile meraviglia della fonte consente qui più che altrove di poter “abitare” il testo dell’intervista: di capire che partendo da Armungia, che nella rivista Pietro Clemente definisce “paese di Emilio Lussu e delle rose”, si ricava uno straordinario sguardo sul futuro dell’Italia partendo dalle sue zone interne. E da quella visuale apparentemente lontana, si arriva a mille altri spunti che anche la rivista segnala: l’analogia/diversità con il “Cristo si è fermato a Eboli” di Levi, la scoperta e poi l’allontanamento da Freud, il marxismo e il socialismo rurale, Gramsci e tanto altro ancora, che gli studenti (e non solo) potrebbero approfondire ricavandone grandi insegnamenti.

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