Gaia Cammarota
Un business che si cela dietro a molti settori e commerci: dalla ristorazione al turismo, dagli appalti delle forniture pubbliche al mondo finanziario e sanitario, arrivando a toccare anche il recentissimo ramo della distribuzione dei vaccini antiCovid. L’unità e la consapevolezza dell’azione contro il fenomeno mafioso rimane il compito primario per questa lotta politica, sociale e culturale; un impegno che nel corso degli anni ha prodotto notevoli risultati in favore di tutta la comunità civile.
Era il 7 marzo 1996 quando nella Gazzetta Ufficiale comparve la legge 109, proposta e promossa da alcuni deputati dopo l’impegnativa campagna di raccolta firme da parte di Libera, associazione contro mafie e corruzione per la giustizia sociale; l’obiettivo era togliere alla criminalità organizzata quelle ricchezze prese con forza e ingiustizia alla società per poi restituirle a quest’ultima.
Un piccolo passo indietro: il 3 settembre 1982 viene assassinato il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Il governo decise di spostarlo in Sicilia con l’incarico di contrastare gli interessi di Cosa nostra, grazie al brillante lavoro precedentemente eseguito contro le Brigate Rosse, purtroppo pochi mesi dopo il suo arrivo il comandante fu vittima di un agguato che lo portò immediatamente alla morte; il 13 settembre dello stesso anno, quasi come simbolo di giustizia, venne approvata la legge Rognoni-La torre, la quale introdusse il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso con la conseguente confisca dei beni a tutti i condannati.
“Mi interessa ancora di più la rete mafiosa di controllo, che grazie a quelle case, a quelle imprese, a quei commerci magari passati a mani insospettabili, corrette, sta nei punti chiave, assicura i rifugi, procura le vie di riciclaggio, controlla il potere”; così affermava il generale dei carabinieri Dalla Chiesa in un’intervista a La Repubblica nel 1982. Negli anni ’90, dopo la stagione delle stragi della mafia, si iniziò a diffondere l’idea che la criminalità non dovesse essere solo soggetta a condanne penali ma avesse l’obbligo di restituire ciò che era stato tolto illecitamente. “Le mafie restituiscono il maltolto” era questo il nome della campagna portata avanti da Libera nell’anno della sua nascita, il 1995, con la volontà di raccogliere milioni di firme per poter sollecitare le modifiche alla legge del 1965 che non prevedeva la confisca dei beni mobili e immobili della mafia; chiesero inoltre che fossero restituiti ai Comuni i beni sequestrati in vista di un riutilizzo socialmente accettabile.
La gestione e l’organizzazione di tutti gli averi è regolata dall’ Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, grazie alla quale oggi quasi il 79% dei possedimenti è in mano ai comuni; questi ultimi possono amministrare direttamente o assegnare il tutto in concessione gratuita ad associazioni, organizzazioni di volontariato, cooperative, a patto che non siano a scopo di lucro. Spesso non ci si rende conto di quanto la mafia possa essere vicino e presente ovunque, non solamente al sud, basti pensare al processo Aemilia o ai beni sequestrati in provincia di Parma; a Berceto per esempio la villa confiscata al camorrista Vincenzo Busso verrà riutilizzata dalla Onlus Fantasia come centro civico per bambini e anziani, a Salsomaggiore Terme invece un’abitazione rurale, la stalla adiacente e un fabbricato accessorio agricolo sono stati concessi al Consorzio del Parco dello Stirone per la miglioria delle funzioni logistiche e la riabilitazione della fauna selvatica.
La lotta contro la mafia è un argomento che potrebbe essere analizzato e approfondito all’infinito, un tema essenziale per il benessere sociale generale, che è stato affrontato anche nella conferenza tenutasi nelle settimane scorse all’Università di Parma, a cura dell’Osservatorio Permanente Legalità.